Senza tacchi

idea Chiara Rubes
testo Rossella Canadè
con Chiara Rubes, Franca Tragni

Senza Tacchi è uno spettacolo in cui le donne si guardano dentro, pronte ad ammettere debolezze e imperfezioni così come a ribadire i propri punti di forza. E a raccontare le proprie storie, viste con l’occhio disincantato di chi ormai le ha sentite tutte, ma anche con lo stupore e la caparbietà che hanno le bambine nel credere ai proprio sogni. A meno che non ci sia qualcuno che ricorda da vicino il lupo delle favole pronto a mangiarle.

E le scarpe, spesso additate come primo simbolo di una certa vanità femminile, prendono il posto, durante lo spettacolo, degli oggetti quotidiani, vengono utilizzate come telefoni o bicchieri, per sdrammatizzare una certa sacralità fashion che a volte pare circondarle.

In Senza Tacchi le scene più divertenti si alternano a quelle più commoventi, sottolineate dall’originale interpretazione delle protagoniste, che sembrano voler giocare con alcuni cliché femminili (la madre, la moglie tradita, l’amica un po’ svitata), cui vogliono fornire nuove e più attuali chiavi di lettura.

Sono storie che partono dal quotidiano, dalle commissioni per la famiglia e dagli appuntamenti catastrofici che almeno una volta nella vita tutte abbiamo avuto, che passano per i racconti di vite che sembrano uscite da un libro o che in un libro sono nate davvero, e che sforano infine nella cronaca, dove spesso una donna vittima è solo un’unità in più da aggiungere ad un totale già miserabilmente alto: viene narrata in scena la storia di Liana An Nuni, uccisa con otto coltellate dal marito, a Luzzara, nel 2008. Movente: una micidiale gelosia.

Chi meglio di due amiche, due attrici, due donne diverse come Chiara Rubes e Franca Tragni di Europa Teatri, per raccontare le amicizie, gli amori, gli umori di una “comunità”, quella femminile, ancora in lotta per l’affermazione della propria identità. […] le due attrici hanno celebrato l’universo femminile nelle sue pieghe più più intime e comiche, paradossali ed amare, partendo proprio da una debolezza-passione pressoché universale fra il sesso femminile: le scarpe.

Sono voci diverse ed uguali quelle portate in scena e lanciate al pubblico con leggera, spigliata ironia: storie di donne ipocondriache, sole, legate a uomini fedifraghi e inconsapevoli, lettori di best sellers, troppo vuoti ed egocentrici per accorgersi della donna che accanto a loro li aiuta ad andare avanti.

(dalla recensione di Giulia Guiducci per Gazzetta di Parma)

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